Un approfondimento a cura del Prof. Maurizio Buscarini
E’ questa la domanda che spesso ci pongono i nostri pazienti frequentemente. In un centro come il Campus Biomedico è raro che i pazienti vengano da me prima di avere sentito altre opinioni. Spesso poi le ricerche su internet complicano le informazioni e confondono le idee. Di seguito riporto alcune mie idee sull’argomento:
1. Le variabili più importanti per la decisione sono due: le condizioni del paziente (età, aspettativa di vita e comorbidità) e lo stadio della malattia.
2. A parità di condizioni, la stragrande maggioranza degli studi clinici con oltre 10 anni di follow-up (ossia del tempo per cui i pazienti vengono seguiti dopo il trattamento) ha mostrato un vantaggio, in termini di sopravvivenza libera da recidive (ossia senza tumore clinicamente evidente) e sopravvivenza globale nei pazienti sottoposti a terapia chirurgica rispetto a quelli trattati con radioterapia.
3. I dati precedenti sono ancora più evidenti quando i pazienti vengono seguiti per più di 15 anni
4. La terapia conservativa (il cosiddetto “watchful waiting“) è inferiore a tutte le terapie attive e questo è dimostrato ampiamente in studi osservazionali scandinavi
5. Il mito della radioterapia come “non invasiva” è appunto un mito. I pazienti radiotrattati soffrono di disfunzioni erettili, incontinenza e danni da radiazioni in maniera quantomeno uguale a quelli operati.
6. La chirurgia di salvataggio dopo fallimento della radioterapia, in caso di progressione del tumore è appunto di salvataggio e è gravata da una percentuale di complicanze notevole e dal 100% di impotenza postoperatoria
7. Gli urologi si trovano a dover prendersi cura delle complicanze della radioterapia e i pazienti (per fortuna pochi) in cui ci sono complicanze gravi delle radiazioni si trovano a non poter essere seguiti dai medici che hanno effettuato la radioterapia. Questo potrebbe essere ovviato in centri ad alta integrazione tra clinici e radioterapisti ma accade di rado anche in paesi con sistemi sanitari moderni.
8. Se il paziente ha una aspettativa di meno di 10 anni di vita sia la radioterapia che la chirurgia hanno scarsi effetti sulla sopravvivenza globale mentre la radioterapia può rappresentare un valido presidio terapeutico.
9. Lo stadio (cioè l’estensione dentro o fuori dalla prostata) e il grado (cioè quanto sono maligne le cellule cancerose) sono i principali fattori legati alla malattia.
10. Salvo eccezioni, la chirurgia non è indicata nei casi in cui la malattia è clinicamente già fuoriuscita dalla prostata e dovrebbe essere offerta ai pazienti solo nell’ambito di protocolli di ricerca.
vedi anche Tumore della Prostata. Le domande più frequenti